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Sostenibilità come circolarità, trasparenza, accessibilità, benessere

13 Dicembre 2024

Al Warm Up dei Green Design Days abbiamo cercato di approfondire i tanti e complessi aspetti della sostenibilità con “lucidi pensatori che hanno portato prospettive inedite e nuove possibilità”.

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Il 28 novembre 2024 si è tenuto il talk Warm Up, momento di anticipazione dei temi su cui, nel 2025, Assarredo insieme al percorso di sostenibilità di FederlegnoArredo si concentrerà per raccontare quanto di bello e migliore sta accadendo nella nostra filiera. Il design, infatti, estraendo materie prime, impiegando energia e producendo oggetti (e quindi anche rifiuti) è tra i grandi protagonisti dei cambiamenti ambientali, sociali, economici e culturali che affrontiamo in questo periodo di grandi incertezze: incertezze soprattutto perché, per la prima volta nella storia della nostra civiltà, le sfide da affrontare sono nuove e, così, anche le soluzioni per farvi fronte sono inedite. Questo richiede spirito di intraprendenza, entusiasmo nell’abbracciare i problemi della contemporaneità e tanto pensiero laterale.

warm up talk

Il Warm Up ha quindi coinvolto professionisti transdisciplinari e tangenti alla filiera del legno-arredo, proprio per ascoltare le loro storie di grande ispirazione in questo senso: tentativi di pratiche sempre più integrate nei processi, sperimentazioni di modalità alternative, analisi taglienti e proposte bottom-up. A partecipare sono stati imprenditori, innovatori, progettisti, divulgatori – insieme alla moderazione di Sara Fortunati – che mettono al centro della propria attività proprio la sostenibilità, “lucidi pensatori che hanno portato prospettive impensate e che sono stati in grado, in alcuni casi, di mettere in crisi o in dubbio alcuni percorsi, offrendo delle nuove possibilità” – ha commentato la Presidente di Assarredo e del Salone del Mobile Maria Porro.

MICHELANGELO GIOMBINI

Michelangelo Giombini, che in Manifattura Tabacchi Development Management si occupa di grandi operazioni di rigenerazione urbana, come il centro direzionale BiM a Milano e, appunto, Manifattura Tabacchi a Firenze, ha raccontato per esempio come la sostenibilità possa stare al centro di progetti molto complessi attraverso azioni diversificate, che vanno dalle certificazioni tecniche degli edifici all’applicazione di buone pratiche, dalle iniziative artistico-culturali a quelle di stampo spiccatamente sociale. Per fare ciò, MTDM cerca di portare innovazione immaginando la città come un insieme ibrido di servizi virtuosi, sviluppando laboratori a cielo aperto in luoghi che richiedono rigenerazione e rinnovamento e creando un legame con il quartiere, con le persone, con i residenti, installando nei progetti degli “spazi pionieri” in grado di innescare processi di creazione di comunità.

michelangelo giombini

MATTIA DI CARLO

Il Circular Designer Mattia di Carlo, similmente, si occupa di ricerca e innovazione dedicata alla promozione della sostenibilità nell’ambito del design, e in particolare dell’architettura, con due grandi driver: da un lato i principi dell’economia circolare e dall’altro lato la centralità dell’attenzione all’esperienza che l’utente vive all’interno degli spazi. Per lo studio di ricerca GXN dove lavora, soprattutto, è fondamentale cambiare proprio l’approccio: i numeri ci dicono che nel 2060 avremo raddoppiato la superficie di suolo costruito e, al di là delle ovvie considerazioni sull’impatto ambientale che questo avrà, raccontano però anche di un’opportunità enorme per cercare di creare un cambiamento radicale. Con una pubblicazione scaricabile qui, lo studio cerca di guardare attraverso tre diverse lenti quello che significa costruire un futuro circolare: sotto l’aspetto economico, sotto l’aspetto della riduzione dei rifiuti e sotto l’aspetto del mantenimento delle informazioni rispetto a materiali e componenti di un edificio. Studi incrociati con economisti hanno anche dimostrato che l’apporto di queste trasformazioni consentirà di risparmiare notevolmente i costi di costruzione. Le esperienze di GXN (e di 3XN, studio di progettazione di cui è espressione diretta) hanno quindi portato a trarre alcune conclusioni fondamentali: la prima è che se si avviano collaborazioni multidisciplinari nella fase iniziale di un progetto si possono superare alcuni cluster chiusi che ci sono attraverso la supply chain, il che consente di prendere decisioni informate e di ridurre i rischi in fase iniziale; la seconda è la comprensione profonda del valore, che è un bisogno, ma anche una questione legata alla tempistica; infine, mettendo in connessione questi due aspetti, si può iniziare a ragionare addirittura oltre l’approccio circolare, perché la circolarità non è più sufficiente: dobbiamo fare uno sforzo in più per cercare di restituire qualcosa indietro e cercare di capire come progettare in modo sempre più rigenerativo.

warm up talk

 

FEDERICO BRUGNOLI

Uno dei modi più efficaci per capire da dove partire e come agire, è misurare accuratamente dove si è e dove si desidera arrivare: a spiegarlo è Federico Brugnoli che, con la sua azienda SPIN360, accompagna le imprese verso processi di crescita sostenibile, attraverso processi e strumenti sempre orientati dalla produzione di dati, di monitoraggio e di evidenze su cui basare le strategie. Stando proprio ai numeri, infatti, Brugnoli sostiene che i trend legati all’adozione di pratiche di sostenibilità non avranno mai un’inversione: la popolazione mondiale ha raggiunto due anni fa gli otto miliardi di individui e le risorse, di conseguenza, sono sempre più scarse. I nove parametri attraverso cui si misura il peggioramento delle condizioni di vita sul pianeta – denominati planetary boundaries – determinano quindi l’analisi di specifiche azioni da intraprendere, ma anche la maggior attivazione in termini di regolamenti e normative. SPIN360 monitora costantemente il numero di certificazioni di sostenibilità disponibili in tutto il mondo e attualmente ci sono 456 diverse ecolabel – un numero che porta con sé gran confusione. In questo contesto l’approccio di filiera è essenziale: le normative non hanno più lo stabilimento industriale come oggetto, ma si muovono sul terreno della tracciabilità della filiera, poiché il 90% degli impatti ambientali non vengono prodotti producono nel sito, ma dipendono da ciò che si compra dai propri fornitori.

federico brugnoli

ALICE PEDRETTI

Alice Pedretti, Sustainability Director di Havas Pr, ha una lunga esperienza nel campo della comunicazione dei temi della sostenibilità e si interroga sul ruolo che questa ha nello stimolare ed innescare comportamenti virtuosi che contribuiscano a produrre il salto culturale che serve oggi per rendere la sostenibilità la normalità. Affinché quindi i paradigmi della sostenibilità possano venire integrati negli approcci quotidiani ai temi ambientali, economici e sociali, uno dei primi passi è quello di comprendere ciò che i consumatori chiedono: c’è una sempre maggior consapevolezza rispetto a ciò che vuol dire sostenibilità, ma c’è purtroppo anche molta diffidenza rispetto a ciò che le aziende comunicano e raccontano. Ecco perché è fondamentale che le aziende adottino delle strategie di comunicazione in grado di raccontare i loro sforzi in maniera continuativa, ingaggiante, chiara, mettendo al primo posto la leggibilità delle informazioni. È importante cercare di essere chiari in quello che si desidera raccontare e nel linguaggio che si usa, facendo azioni di comunicazione continuativa che coinvolgano gli stakeholder; questo da un lato permette di creare fiducia – soprattutto per aziende che sono radicate sui territori, quindi hanno cose buone da dire diversificando canali e strumenti – dall’altro di utilizzare anche la creatività come strumento di forza e di valorizzazione della sostanza. Infine, la dimensione sociale della sostenibilità sta aumentando fortemente ed il tema dell’accessibilità, oggi affrontato prettamente da un punto di vista di forza lavoro, va letto anche sotto la chiave dell’accessibilità ai contenuti.

alice pedretti

MATTEO WARD

Comunicare, divulgare e raccontare – anche con linguaggi dirompenti sia nella modalità sia nella forma visiva – è diventata la professione di Matteo Ward, che dopo aver lavorato per grandi marchi della moda fin dai suoi 17 anni, ha deciso di portare sotto gli occhi del grande pubblico la realtà dei rifiuti prodotti dal sistema del fast-fashion. A partire dallo scioccante caso del crollo della fabbrica di Rana Plaza in cui morirono 1138 persone nel 2013, Ward intraprende un percorso che lo porta a visitare alcuni dei siti di produzione tessile più importanti al mondo. La sua è una critica, di fatto, al processo progettuale della moda che – dimenticando alcuni dei più importanti insegnamenti dei maestri del design italiano rispetto a durabilità, disassemblaggio, riparabilità e modularità – si dimentica spesso della propria responsabilità ambientale e sociale, in favore della pura ricerca formale. Il suo progetto, nato come una no profit educativa e globale, si è poi negli anni trasformato per essere anche il racconto di un business virtuoso, fino a diventare un progetto mediatico: la miniserie documentaristica Junk, prodotta da Will Media e Sky Italia.

matteo ward